Sergio Messere descrive i giovani del futuro con “Generazione oltre la linea”

di Rara Piol

Sergio Messere, autore di "Generazione oltre la linea"
Sergio Messere, autore di “Generazione oltre la linea”

Sergio Messere, classe 1970 è originario di Civitavecchia, ma vive a Santa Lucia con sua moglie Emanula e le sue due figlie. Diplomato in Elettronica industriale, dal ’91 lavora come tecnico di settore in un centro di coordinamento e supervisione delle reti Mediaset. Dal 2011 cura con successo un blog su Libero, Giorni strani, nel quale condivide racconti, poesie e riflessioni su argomenti di vario genere e, grazie alle numerose visite ricevute è stato annoverato tra i gold blogger del sito. Si occupa anche di una Community su Google Plus chiamata Scrittori in erba, a cui hanno aderito centinaia di membri. Lo scorso luglio ha pubblicato il suo primo romanzo intitolato “Generazione oltre la linea”. L’opera, ambientata nel 2040, vuole riflettere sul tema sempre attuale della collettività in cui viviamo e soprattutto ricercare soluzioni concrete al fine di “rifondare” attraverso nuovi giovani una società più dignitosa. Già al lavoro sul suo secondo libro, questa volta thriller con sfumature rosa, che vedrà protagonista una fascia d’età adulta.

Un perito elettronico e uno scrittore, connubio interessante. Come nasce la sua passione per la scrittura?

Scrivevo racconti e poesie fin da piccolo e credo di essere sempre stato cosciente delle mie inclinazioni verso l’immaginazione, a volte sull’orlo del “visionario”, per quanto l’altro volto mi ha sempre ritrascinato al quotidiano. Questo misto di fantasia e logica ha ispirato l’idea del mio primo romanzo.

“Generazione oltre la linea” è il titolo della sua opera. A chi si riferisce?

Si riferisce alla generazione che sarà maggiorenne nell’anno della storia, il 2040 per l’appunto. Oltre la linea della tradizione e della conformazione sociale dei tempi nostri… In poche parole questa generazione dovrà ripartire da zero, dai valori etici e punti di riferimento.

Siamo in un futuro alquanto prossimo e quella che viene descritta nel libro è una società diversa da quella attuale. In cosa?

Descrivo una società in cui c’è molto meno benessere, in cui i ragazzi lasciano il nucleo familiare già alla maggiore età, andando a vivere in ex magazzini o locali abbandonati restaurati con le proprie mani. Insomma, una società nuova che si ritrova con “le toppe al sedere” per via delle malefatte e lacune del mondo politico passato, ma, nonostante tutto, è capace di reagire e lo fa a suo modo. Devo aggiungere che la metropoli tirrenica immaginaria del romanzo, Sìagora, è comunque in controtendenza rispetto alla decadenza del resto dell’Italia. Grazie all’opera di amministratori e tecnici oculati è una città vitale e positiva che ha saputo coniugare tradizione e innovazione, a tal punto da oscurare la stessa  Roma fino a diventare un fulcro per la gioventù europea. In tal senso, agli antipodi dello spirito distopico del romanzo stesso, Sìagora rappresenta l’utopia… Curioso, no?

I protagonisti di Generazione oltre la linea sono giovani e si ritirano in un vecchio casale del Lazio per imparare a “vivere”.

Sotto la guida di un certo Sir Gabriel, presumibilmente di origini armene, uomo maturo, fascinoso e non poco ambiguo, avranno modo di imparare attività tradizionali come la restaurazione di mobili, la cura dell’orto e il cavarsela tra i fornelli, nonché il saper convivere giorni e giorni  in comunità, rito che abbiamo del tutto dimenticato.

Un casale, giovani alle prese con amore, odio, lavoro, collettività… Un rimando al Decamerone?

Anche qui, come nel Decameron, i protagonisti sono ragazzi e l’eros assume una certa rilevanza. Per il resto, anche se fuori dall’Officina non c’è la peste fiorentina, l’atmosfera è alquanto ossessiva e i ragazzi saggeranno sulla propria pelle il celebre “homo homini lupus”. Nel contesto claustrofobico e competitivo del casale di Gabriel, i contrasti e le alleanze dei protagonisti sono il pane quotidiano. Gli inevitabili episodi di violenza fra gli allievi ne saranno lo sbocco naturale, ma anche ciò contribuirà in modo pesante alla loro crescita e formazione. Vorrei precisare che nel libro vengono descritti atti di violenza, pertanto consiglio la lettura a un pubblico adulto ed esorto i lettori a non emulare quanto riportato.

Cosa pensa della generazione attuale, ma soprattutto, crede ci sia bisogno di una nuova società?

I giovani d’oggi avranno davanti anni molto duri e dovranno rimboccarsi le maniche, c’è poco da fare… Penso che, come qualità di vita, in Italia abbiamo toccato l’auge fra gli anni 60 e gli 80. Credo fermamente che una società dovrebbe sempre rinnovarsi, sulla base dei principi della cooperazione, dell’onestà e del lavoro. In sinergia dovremmo ridare potere e autorevolezza agli educatori istituzionali, principalmente ai genitori e agli insegnanti. Non si può pensare di delegare l’educazione ai nuovi “precettori invisibili”, Internet e tv.

Pubblicare un libro è un’impresa ardua. Qual è stata la sua esperienza con il mercato editoriale?

In realtà, il difficile non è tanto trovare chi ti pubblica, quanto avere la fortuna di essere considerati da un editore serio. In tal senso, la mia ricerca è durata un paio di anni. In tutto ho ricevuto cinque proposte, di cui alcune a dir poco scandalose. Com’è noto, il mondo editoriale è in mano a quei pochi colossi che dettano le regole e sono padroni dell’intera filiera, dalla distribuzione alle catene librarie. E, cosa vergognosa, tendono a pubblicare autori stranieri affermati e, in Italia, perlopiù giornalisti, vip, sportivi e affaristi di varia natura. Per me questo è commercio di libri, non è letteratura.

Sta scrivendo il suo secondo romanzo, qualche anticipazione?

Si tratta di un intreccio tra il genere trhiller con venature “rosa”. Un folle amore fra Sabrina Monaco, donna complessa e di una vitalità devastante, ed Emanuele Brandi, biologo milanese impegnato in un’attività parallela non propriamente lecita, ma ispirata da nobili ideali.

Pubblicato su Tiburno l’8 ottobre 2013

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